LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE |
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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
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Nel capitolo – basilare per il nostro studio – dei Grundrisse sulle Forme che precedono la produzione capitalistica, Marx utilizza magistralmente la dialettica che Engels così definisce: "Nella storia, come nella sua presentazione letteraria, l'evoluzione va in sostanza dai rapporti più semplici ai rapporti più complessi" [1]. Ma perché li si possa afferrare, "questi rapporti complessi" devono essere pienamente sviluppati. Solo una forma sociale superiore può infatti fornire la chiave di forme meno evolute, il cui movimento si è esaurito nella forma superiore dopo che esse hanno sviluppato tutte le loro potenzialità. Ne diviene in tal modo possibile la comprensione anche sul piano teorico. Il punto di partenza di Marx è perciò il capitale, il quale presuppone un processo storico che abbia dissolto le diverse forme di produzione in cui il lavoratore si presentava come proprietario.
CAPITOLO 2
I RAPPORTI DELLA SOCIETÀ DEL COMUNISMO PRIMITIVO La natura, presupposto dell'uomo "Quali gli uomini escono alle origini dal regno animale – nel senso stretto del termine – tali fanno il loro ingresso nella storia: ancora mezzo animali, rozzi, indifesi contro le forze della natura, ancora ignari delle proprie; poveri come gli animali e appena più produttivi di essi" [8].Il comunismo primitivo si è sviluppato con lo schiudersi umano dalla natura immediata, per cui i suoi rapporti sociali hanno assunto una forma naturale corrispondente. Donde l'estrema semplicità e trasparenza dei rapporti tra uomo e natura. L'UOMO non solo è strettamente legato all'ambiente naturale, ma è egli stesso parte della natura, alla quale appartiene con la sua carne, col suo sangue, col suo cervello. È egli stesso una forza naturale, un insieme di sostanze naturali trasformate in organismo umano (come vuole anche il libro della "Genesi"). Nel comunismo, in cui la produzione di valori d'uso è il fine economico, e la riproduzione dell'individuo fa tutt'uno con la riproduzione della comunità, l'appropriazione del presupposto naturale, la terra (come strumento originario di lavoro, insieme laboratorio e serbatoio di materie prime), non è il risultato ma il presupposto del lavoro. Si avrà la misura del tragitto percorso dall'umanità nella sua complessa evoluzione, osservando che oggi le condizioni preliminari della produzione determinanti il modo di accesso degli individui al processo di lavoro e, modellanti i loro rapporti sociali hanno cessato da tempo di essere naturali, per divenire meramente economiche e storiche. Il presupposto della produzione – il capitale – è ormai risultato del processo di produzione stesso (certo in forme alienate): "Una volta che il modo di produzione capitalista è saldamente instaurato, il grado in cui esso si è assoggettato le condizioni di produzione si manifesta nella trasformazione del capitale in proprietà immobiliare. Così il capitale fissa la sua sede nella terra stessa. Ormai, i saldi presupposti forniti dalla natura alla proprietà fondiaria derivano dalla sola industria" [9]. Nel comunismo primitivo l'individuo non si comporta nei riguardi delle condizioni oggettive del lavoro diversamente che nei confronti delle proprie condizioni (naturali) di esistenza: le une come le altre sono la sua natura inorganica. La prima condizione storica del lavoro non si presenta perciò come prodotto del lavoro, ma sotto forma del suo oggetto, la natura stessa. Abbiamo quindi, da una parte, l'individuo vivente – o meglio il blocco umano – e dall'altra la terra, condizione oggettiva della sua riproduzione. Non dobbiamo perciò considerare né l'uomo nella sua nudità di lavoratore o di forza lavoro, né i rapporti da lavoratore a lavoratore o da lavoratore a non-lavoratore (capitalista o proprietario fondiario, ecc.; bensì soltanto l'uomo e il suo lavoro da una parte, la natura e le sue materie dall'altra. Quindi anziché i rapporti tra lavoratore e non-lavoratore occorre considerare i rapporti dell'individuo in quanto membro della comunità naturale – ed è ciò che faremo nel capitolo seguente. Se li separiamo dal rapporto con la natura è solo per ragioni di metodo di esposizione, perché all'origine essi formano un tutt'uno. L'uomo, che si definisce attraverso il lavoro distinguendosi in ciò dall'animale, trova nella proprietà della terra [10] un modo di esistenza oggettivo, che non è il risultato, ma il presupposto della sua attività, allo stesso titolo della sua pelle e dei suoi organi di senso (e, se è vero che riproduce questi ultimi e li sviluppa nel processo vitale del lavoro in senso lato, essi restano nondimeno presupposti). In origine, la proprietà (appropriazione) è MOBILE, poiché l'uomo si sposta e si impadronisce anzitutto (attraverso il lavoro di appropriazione diretta della raccolta, pesca e caccia, ecc.) dei prodotti finiti della terra, tra i quali figurano gli animali e particolarmente gli animali addomesticabili. Caccia, pesca e raccolta trovano naturale prolungamento nella custodia e nell'addomesticamento delle greggi che segnano il passaggio all'economia di riproduzione, pur implicando sempre la migrazione. Alle tribù nomadi la terra, come tutti gli altri elementi naturali, si presenta illimitata (per esempio nelle steppe dell'Altopiano asiatico). Essa alimenta il bestiame, di cui a loro volta si nutrono i popoli pastori, sebbene, a questo stadio, essi non fissino mai l'oggetto della loro proprietà come proprietà privata. Questo rapporto originario si rinviene ad esempio nei territori di caccia degli Indiani d'America: la tribù considera una certa zona come sua riserva di caccia e in caso di necessità la difende con la forza contro altre tribù o cerca di allontanarle dal territorio che pretende di occupare. I rapporti del comunismo primitivo si limitano quindi all'interno di una data comunità, senza estendersi a tutta l'umanità o alle relazioni con le altre comunità, poiché ciascuna comunità vive più o meno isolatamente, in compartimenti stagni. Nelle tribù nomadi di pastori la comunità è sempre una società migratrice, carovana, orda, e in essa le forme di dominio e di subordinazione si svilupperanno più tardi in funzione delle condizioni di vita e di lavoro. Ad essere appropriato e riprodotto è solo il gregge, non la terra, la quale viene utilizzata in comune temporaneamente ad ogni tappa [11]. All'inizio è sufficiente infatti considerare la proprietà originaria della terra, giacché presso i popoli pastori la proprietà dei prodotti naturali della terra – ad esempio i montoni – si confonde a lungo con la proprietà dei pascoli percorsi. Nella proprietà della terra è inclusa in generale quella dei suoi prodotti organici (p. 470). |
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Insomma, i prodotti organici non sono che semplici appendici della terra, parti costituenti della proprietà della terra, che è fonte di tutti i prodotti. La stessa proprietà non è affatto valore di scambio, ma semplice valore d'uso: solo attraverso la caccia una regione diviene territorio di caccia delle tribù; solo attraverso l'agricoltura la terra diviene il prolungamento del corpo dell'individuo (p. 473).
La consanguineità, o comunità di sangue, Le condizioni primordiali della produzione si presentano all'uomo come premesse naturali, condizioni naturali di esistenza, come il suo corpo fisico, benché sia egli stesso a riprodurlo e svilupparlo [12]. Non sono poste da lui come condizioni di se stesso. Come dice Engels, l'uomo è allora completamente indifeso di fronte alla natura, per cui al livello sovrastrutturale – concetto peraltro non del tutto giustificato qui, giacché si è sviluppato solo con la società di classe – egli divinizza o feticizza queste potenze della natura superiori all'uomo. Queste condizioni naturali di esistenza alle quali egli si riferisce dunque praticamente come al corpo che gli appartiene, hanno una duplice natura: soggettiva e oggettiva. Egli trova di fronte a sé una famiglia, una tribù, ecc., le quali poi, mescolandosi e opponendosi ad altre, assumono storicamente configurazioni diverse; e in quanto membro di una tale comunità, egli si riferisce a una determinata natura (terreno di caccia, di raccolta o di pascolo) come esistenza inorganica di sé stesso e condizione della sua produzione e riproduzione (p. 468). Egli si appropria una parte del prodotto collettivo in quanto membro della comunità – e non in quanto forza lavoro (pura merce o valore di scambio salariato del capitale). In altri termini, per poter vivere e produrre, l'individuo deve appartenere a una comunità naturale. Questa appartenenza è già la condizione del linguaggio, legame "intellettuale" o soggettivo e mezzo di comunicazione tra i componenti di una tribù o una confederazione di tribù. Un individuo isolato non potrebbe essere proprietario della terra così come non potrebbe parlare: è chiaro che egli si riferisce alla sua lingua come alla propria in quanto membro di una comunità umana. Una lingua come prodotto di un individuo è un assurdo; essa è tanto il prodotto di una comunità quanto è l'esistenza stessa della comunità, il suo modo di espressione verbale (p. 469). La lingua si sviluppa in seguito come una caratteristica essenziale della nazionalità, poiché è fin dall'inizio, più che una creazione dello "Spirito" o un semplice mezzo di comunicazione intellettuale, un RAPPORTO o MEZZO DI PRODUZIONE.[13] È quanto risulta chiaramente dalla genesi del linguaggio. Come tutti gli animali, gli uomini cominciano col mangiare, bere, ecc., ma già attraverso queste attività essi entrano in un rapporto determinato con la natura: sono attivi, dunque lavorano; si appropriano alcuni oggetti del mondo esterno soddisfacendo in tal modo i loro bisogni — in altri termini, essi cominciano a produrre. Ripetendosi, questo processo è trattenuto nel cervello, dal momento che ora l'uomo sa che quel dato oggetto soddisfa quel dato bisogno "umano". Gli uomini apprendono così, a partire dal livello ancora quasi "animale" (termine per noi tutt'altro che dispiacevole), a distinguere "teoricamente" [14] tra prodotti utili e prodotti nocivi. A un dato grado di sviluppo, quando i bisogni e l'azione dell'uomo sulla natura si sono moltiplicati, egli designa con parole classi intere di oggetti che ha distinto – e dunque caratterizzato – basandosi sull'esperienza storica acquisita mediante la relazione con gli oggetti del mondo esterno. Questo processo si compie necessariamente, perché nel processo di produzione, che equivale a questo stadio al processo di appropriazione degli oggetti, gli uomini entrano in rapporti stabili di lavoro in seno alla loro comunità e, attraverso essa, con oggetti determinati. Ben presto, nella ricerca di questi oggetti, entreranno anche in conflitto con altre comunità. La qualificazione di questi oggetti con parole – attraverso il linguaggio – non è infatti nient'altro che la rappresentazione concettuale di quanto una attività ripetuta fa o cambia, la rappresentazione di certi oggetti esterni servendo al soddisfacimento dei bisogni degli uomini, i quali hanno perciò allacciato determinati rapporti sociali, naturali nella società del comunismo primitivo. In questo senso, il linguaggio è una forza produttiva essenziale, come la comunità stessa, di cui è il modo di espressione intellettuale. Donde la sintesi di Marx: La comunità tribale naturale, o, se si vuole, l'orda (comunità di sangue, di lingua, di costumi, ecc.), è il primo presupposto dell'appropriazione delle condizioni oggettive di esistenza e dell'attività riproduttiva e oggettiva (attività di pastori, cacciatori, coltivatori, ecc.) (p. 452). La comunità tribale si presenta così non come il risultato, ma come il PRESUPPOSTO dell'appropriazione e dello sfruttamento in comune del suolo, che sono dapprima temporanei, finché gli uomini non si stabiliscono in un punto del globo per vivere della riproduzione dei vegetali (agricoltura) – ciò che presuppone un livello assai più alto delle forze produttive e della tecnica. In una poderosa sintesi dell'arco storico percorso dall'umanità, Marx spiega che il capitale si sottomette alla fine tutte le condizioni della produzione, creando anche le sovrastrutture politiche e ideologiche. Sarà possibile solo sulla base di tali rapporti, prodotti ancora sotto l'imperio della necessità dagli stessi uomini, di instaurare una società in cui l'uomo dominerà la natura e creerà lui stesso, secondo i propri bisogni, i rapporti con gli altri uomini e con la natura. In questo senso, il capitalismo è la base (alienata) del socialismo, in quanto produzione dell'uomo e non prodotto della natura: i presupposti che appaiono in origine (alla nascita del capitale) come le condizioni del divenire capitalistico – e perciò non potevano ancora risultare dall'azione del capitale in quanto tale –, in seguito si presentano come risultati della sua propria realizzazione, come una realtà creata da lui stesso. Non sono più le condizioni della sua genesi, ma il risultato della sua esistenza presente (p. 437). Quando la tribù infine si fissa, la stessa comunità primitiva subirà modificazioni più o meno profonde a seconda delle condizioni ambientali (clima, situazione geografica, costituzione del suolo, ecc.) e delle sue attitudini naturali, come la razza (p. 452). Decisiva è ancora sempre la natura. Nell'Origine della famiglia [15] Engels spiega che, contrariamente a quanto avviene allorché gli strumenti e le macchine si sono sviluppati, la combinazione dei fattori naturali ambientali e produttivi stimolò lo sviluppo di attitudini razziali agli albori del divenire umano, quando il corpo dell'uomo e le sue caratteristiche biologiche erano ancora importanti fattori di produzione. È all'attività pastorale, dice Engels, cioè, all'abbondanza della carne e del latte nell'alimentazione degli Ariani e dei Semiti – e particolarmente al loro effetto favorevole sullo sviluppo dei bambini – che si deve lo sviluppo superiore di queste due razze. Nel comunismo primitivo, la produzione include ancora direttamente la riproduzione la quale è innanzi tutto biologica. Infatti l'uomo produce e riproduce soprattutto se stesso. L'aumento della popolazione (parte integrante della produzione) rappresenta l'elemento-base della società. Di qui l'importanza dei legami consanguinei che rappresentano i rapporti sociali fondamentali. L'unità originaria tra la comunità e la proprietà sulla natura ambiente (o rapporto con le condizioni oggettive della produzione come dato naturale) determina i rapporti del modo di produzione del comunismo primitivo. La comunità stessa rappresenta la prima grande forza produttiva; secondo i determinati tipi delle condizioni di produzione (ad esempio allevamento del bestiame, agricoltura) si sviluppano un modo specifico di produzione e particolari forze produttive, sia oggettive che soggettive (facoltà degli individui) (p. 475). In questo stadio, contrariamente a ciò che avverrà nel comunismo superiore, in cui tutti gli uomini saranno compresi in una sola e identica società, l'umanità è spezzettata in tante piccole comunità (orde, clan, tribù, confederazioni di tribù) autonome. Questa ristrettezza delle società comuniste primitive è legata a cause naturali: la popolazione è scarsa e la terra poco popolata. Le tribù sono separate da ostacoli naturali: montagne, deserti, corsi d'acqua, fasce boschive o, come in seguito le chiameranno i Germani, foreste di protezione. Gli stessi urti fra gruppi umani, come abbiamo visto, hanno cause naturali, quale può essere ad esempio un'improvvisa pressione demografica, dato che la bassa produttività o l'unilaterale produzione non sono in grado di far fronte ad un accrescimento troppo grande della popolazione. Uno dei mezzi per sviluppare superiori forze produttive – tra cui ' l'aumento della popolazione – è la connessione di più comunità naturali, di modo che individui più numerosi possano, cooperando nel lavoro, opporre alla natura una maggior forza di resistenza e sviluppare produzioni più differenziate. Tale volontaria unione consentì di evitare la dissoluzione e la distruzione delle comunità vinte in guerra. Ovunque era possibile, le piccole comunità estendevano ad altre comunità i loro rapporti interni, sulla base della comunità razziale più o meno grande. Lo sviluppo dell'orda primitiva evolve verso la formazione di "famiglie" più grandi: la famiglia allargata al clan e alla tribù, la combinazione di tribù attraverso matrimoni reciproci, la confederazione di tribù. Tra le orde viventi di caccia o di raccolta si manifestò molto presto, fin dall'inizio dell'età paleolitica, la tendenza ad allacciare relazioni di vicinanza più o meno durature: di amicizia o di associazione per intraprendere determinati compiti, quali la caccia contro la grossa selvaggina o la resistenza agli invasori. Questi legami erano tanto più saldi in quanto basati su una consaguineità più o meno stretta. Un ruolo fondamentale in queste alleanze che svilupparono i gruppi umani l'ebbe l'esogamia, ossia il divieto di prendere come consorte sessuale un membro che non fosse di un gruppo umano esterno: nessun membro ha il diritto di sposarsi nell'ambito della gens. È questa la regola fondamentale della gens, il legame che la mantiene unita; essa è l'espressione negativa della molto positiva parentela consanguinea che sola fa che gli individui inglobati divengano una comunità gentilizia.[16]. Il divieto di accoppiarsi all'interno della propria comunità contribuì dunque a formare unità sociali più grandi. Occorre notare a questo punto la distinzione tra clan o gens primitiva dall'ulteriore gens patriarcale che fu una suddivisione della tribù e del popolo del mondo antico. Il clan è sempre esogamo. Esso testimonia che i vincoli di parentela contribuirono a consolidare i legami sia all'interno che all'esterno dei raggruppamenti umani. La parentela era in origine determinata – né poteva essere diversamente nel sistema dell'esogamia – per linea materna. Siccome la comunità di sangue era il solo presupposto fondamentale della produzione, si attribuì alle donne, che hanno una funzione essenziale nella riproduzione umana, il primo posto nel comunismo primitivo, il cui rapporto sociale fu dunque quello del matriarcato. Il clan formava una unità di produzione basata sulla parentela e caratterizzata dall'aiuto reciproco che tutti i suoi membri si prestavano. Esso contava mediamente 100-150 individui, ma poteva arrivare ad abbracciarne parecchie centinaia. La tribù si costituì per l'associazione di due clan amici o imparentati. Ogni clan formava dunque la metà di una tribù (fratria, moiety). Le due parti rimanevano esogame. Il processo era identico nel caso di associazione di più clan. Poiché naturalmente la popolazione aumentava nel processo di riproduzione umana all'interno del clan e della tribù, nuovi gruppi si staccavano di tanto in tanto dall'antica comunità formando nuove tribù, le quali si stabilivano altrove per costituirvi una nuova unità di produzione. Il consiglio della tribù, formato dai rappresentanti o capi delle tribù, regolava, nelle assemblee, la sorte delle tribù e soprattutto i loro rapporti reciproci. Il più alto processo di integrazione a cui il comunismo primitivo poté condurre lo sviluppo sociale fu la formazione di popoli che servirono di base alle nazionalità ulteriori. Tuttavia questo processo non poteva non allentare i legami angusti, ma sicuri e stabili, della consanguineità di parentela. Crescente importanza acquistarono allora i fattori della comunità di lingua e di costume. Le nazionalità non prenderanno forma che molto più tardi e si dissolveranno nello Stato-nazione al momento della rivoluzione politica borghese. Ma la base delle nazionalità fu un'eredità trasmessa all'umanità dal comunismo primitivo al suo apogeo di sviluppo. Furono i Germani che, in Europa, dopo i quattro secoli di decadenza dell'Impero romano, salvarono i germi di questa evoluzione futura: per quanto questi 400 anni appaiano improduttivi, tuttavia essi lasciarono un prodotto importante: le nazionalità moderne, ossia la nuova organizzazione e struttura dell'Europa occidentale per la storia futura [17]. Di più: se per lo meno in tre dei principali paesi – Germania, Francia del Nord e Inghilterra –, essi salvarono un elemento della genuina costituzione gentilizia, sotto forma della comunità della marca-trasformandola nello Stato feudale, e se in tal via diedero alla classe oppressa, ai contadini, pur sotto la più crudele servitù medioevale, una coesione locale e uno strumento di resistenza che né gli schiavi antichi né i proletari moderni hanno avuto a portata di mano, a cosa si deve ciò, se non alla loro barbarie, al loro sistema esclusivamente barbarico di colonizzazione su base gentilizia? Quando nuove tribù o nuovi popoli stabilivano altrove la loro sede, la comunità, trovando nuove condizioni ambientali, adottava spesso nuovi metodi e persino nuove tecniche di produzione, basate sull'economia di riproduzione degli animali e delle piante, cioè l'agricoltura. Si sviluppava allora una base nuova, non più esclusivamente determinata dai naturali vincoli di razza e di sangue – dalla "famiglia". Gli storici constatano questa evoluzione nel cambiamento del nome delle tribù, dato ormai dal luogo in cui esse vivono. Le tribù degli antichi stati sono infatti organizzate in due modi: su base gentilizia o su base territoriale, le prime più antiche delle seconde che finiscono col soppiantarle quasi dappertutto. La loro forma più rigida è il sistema delle caste, in cui ogni casta è divisa dall'altra, senza reciprocità di matrimonio e secondo una gerarchia molto accentuata; ciascuna esercita un mestiere esclusivo e immutabile. L'organizzazione territoriale delle tribù si trasmetteva originariamente sulla distribuzione del paese in distretti e villaggi (p. 459). L'evoluzione, come si vede, passa impercettibilmente dalla forma di produzione inferiore alla seguente, cosa senz'altro imbarazzante per chi vuole fissarla in una definizione o categoria. Il marxismo segue semplicemente nella maniera più adeguata la dinamica dei modi successivi di produzione e di società – e quanto a noi interessa è che la teorizzazione rifletta esattamente il movimento della vita. Ma restiamo nell'ambito del comunismo primitivo: il passaggio al sedentarismo riveste enorme importanza per la comprensione della genesi della produzione nel senso più stretto, quasi economico, del termine. All'origine la terra forniva e determinava l'oggetto di lavoro, la materia prima il mezzo di lavoro, ed entrambi contribuivano, combinati al lavoro umano, alla creazione del prodotto del lavoro. Va sottolineato che la parentela naturale determinava soprattutto i rapporti di distribuzione e di produzione. Saranno in seguito le condizioni ambientali ad operare quel passaggio fondamentale per cui i mezzi di produzione determineranno in maniera diretta i rapporti sociali. Lo sviluppo degli elementi costitutivi del processo di produzione corrisponde a una crescita delle forze produttive e mina dunque dapprima i rapporti sociali esistenti per poi rivoluzionarli e creare infine una forma di produzione superiore. Ma, prima di considerarne i risultati, analizziamo ancora l'evoluzione nell'ambito dei rapporti sociali del comunismo primitivo.
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[1] Cf. Fr. Engels, Per la critica dell'economia politica di K. Marx (Recensione).
[2] Evocando i suoi studi economici dei Grundrisse e del Capitale, Marx scriveva a Lassalle il 12.11.1858: "Questi lavori difendono per la prima volta una concezione fondamentale dei rapporti sociali da un punto di vista scientifico. È dunque mio dovere di fronte al Partito che la cosa non venga guastata da quella maniera di scrivere pesante e legnosa che è tipica di un fegato malato". [3] Cf. Fr. Engels a K. Katitsky, 18.9.1883. [4] Cf. Marx, Grundrisse, Torino 1976, Il capitolo del denaro, p. 91. [5] Cf. Marx, Poscritto alla seconda edizione tedesca del Capitale I. [6] Cf. Marx, Introduzione a Per la critica della filosofia del Diritto di Hegel, 1844. [7] Cf. Marx, Grundrisse, cit., Introduzione. Il metodo dell'economia politica, p. 32. [8] Cf. Marx, Il Capitale III, sez. III, cap. 15, Sviluppo delle contraddizioni intrinseche della legge. [9] Cf. Engels, Anti-Dühring, IV, Teoria della violenza (fine). [10] Cf. Marx, Grundrisse, Capitolo del Capitale, quaderno VII, Ed. Einaudi Torino 1976, p. 759. [11] Marx non utilizza qui il termine proprietà in senso strettamente giuridico, ma nel senso generale di appropriazione della natura da parte dell'uomo sulla base e per mezzo di una forma sociale determinata. Sarebbe ridicolo partire da questa proprietà (appropriazione) collettiva per presentare la proprietà privata come qualcosa di eterno. Sotto il termine di proprietà bisogna intendere qui un rapporto determinato di produzione, un modo di accesso al processo di lavoro e alla vita sociale, e non un diritto sulle cose e sugli uomini. Poiché l'essenziale è l'economia e non il titolo giuridico, il marxismo parte sempre dai rapporti di produzione e non dalle definizioni formali della sovrastruttura giuridica e politica. [12] Cf. Marx, Grundrisse, Ed. cit, p. 471. Poiché moltissimi passi del testo sono tratti dal capitolo dei Grundrisse: Forme che precedono la produzione capitalistica, per non moltiplicare le note e per non spezzare il filo dell'esposizione, abbiamo tolto le virgolette e indicato alla fine dei brani semplicemente il numero della pagina dell'edizione italiana citata. Abbiamo sempre confrontato la traduzione italiana dei brani di Marx-Engels con l'originale tedesco per migliorarne il contenuto nel senso di una chiarezza sempre maggiore. Nondimeno rinviamo il lettore alle edizioni italiane esistenti per approfondire gli argomenti trattati. [13] Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, Marx precisa la sua concezione che fa di lui il portavoce della classe del lavoro: "L'educazione, cioè la formazione dei cinque sensi dell'uomo, è il lavoro di tutta la storia universale fino a oggi" (III manoscritto, Proprietà privata e comunismo). |
[14] I fattori di produzione, quali la lingua, la famiglia consanguinea (orda, tribù, federazione di tribù, nazionalità), ecc. si distaccano via via dalla base economica per diventare dei rapporti politici (ad esempio la nazionalità che evolve in nazione-Stato all'epoca della rivoluzione borghese che compie l'unità nazionale) o ideologici (ad esempio la nozione di razza che diviene sempre più sovrastrutturale con il razzismo, o l'antisemitismo) con il mescolarsi delle razze e la preponderanza dei fattori "economici" e politici.
Cf. in Il Programma Comunista n. 16-20/1953, Fattori di razza e nazione nella teoria marxista, dove si troverà una brillante critica della concezione stalinista della lingua eretta in sovrastruttura sclerotizzata "eterna" di un popolo ... per giustificare il mantenimento della lingua russa della società di classe nella pretesa socialista Russia. Infatti, la lingua evolve e si trasforma a ogni nuovo modo di produzione, per cui si può affermare che con un modo universale di scambio e produzione, il comunismo creerà un'unica lingua, ricca di tutta l'evoluzione umana, il che nulla ha a che vedere con l'"utopistico" esperanto. [15] Fin dall'inizio l'uomo ha, secondo l'espressione di Marx, una esistenza insieme "oggettivo-soggettiva", ossia una attività contemporaneamente pratica e intellettuale, di cui si trova anche un inizio più o meno sviluppato tra alcuni animali. Solo con lo sviluppo delle società di classe, in cui le attività e i godimenti "superiori" o nobili sono appropriati da una classe dominante ("elite"), si opererà la distinzione tra attività fisica e intellettuale e nasceranno dunque le filosofie mistificatrici che oppongono lo spirito alla materia, il corpo all'anima, l'essenza all'esistenza. Nel comunismo superiore, l'uomo ritroverà il legame tra lavoro manuale e intellettuale, teoria e prassi, con l'abolizione della divisione del lavoro che origina non solo le diverse attività professionali "nobili" o "vili", ma anche l'opposizione tra classi e quindi le contraddizioni ideologiche. [16] In questo lavoro, effettuato sulla base dell'opera di Morgan, La società antica, Engels ha stabilito nelle prime pagine uno schema descrittivo delle fasi dell'evoluzione dell'umanità, classificata secondo i prodotti creati in ciascun stadio: età della pietra, del bronzo, ecc. Ciò che distingue la successione delle forme di società in Marx, è la dinamica dei rapporti sociali che si sviluppano nella produzione e determinano a ciascun stadio sia le strutture e i legami degli uomini tra di loro e con la natura che i loro propri prodotti o strumenti. Nell'Ideologia tedesca troviamo un primo schema fondato sulla forma (comunista, schiavista, feudale, capitalista, ecc.) dei rapporti sociali. Lo stesso schema si ritrova con qualche ritocco nella Miseria della Filosofia e nel Manifesto. Engels evoca infine a più riprese il problema della successione delle Forme di produzione nel suo Anti-Dühring. Questo schema sottintende, come abbiamo detto, tutta l'opera di Marx-Engels, segnatamente l'economia. [17] Cf. Engels, cap. 11, La famiglia, in l'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato (titolo che già esprime una chiara progressione delle strutture sociali).
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